lunedì 12 maggio 2008

Vincenzo Russo, giacobino. Per cominciare

Apriamo questo nuovo Blog con un intervento sul giacobino Vincenzo Russo (o Vincenzio secondo una certa grafia), artefice della Repubblica napoletana del 1799, che ebbe breve vita e nella quale egli capeggiò l'ala più radicale. Nato a Palma Campania nel 1770 (per dire, lo stesso anno di Hegel e Hoelderlin, e pure di Beethoven), morì nel 1799 giustiziato in Piazza Mercato a Napoli.
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Quando pensiamo al nostro Vincenzo Russo pensiamo al rivoluzionario che, con un pugno di intellettuali, diede vita alla breve stagione della Repubblica napoletana del 1799. Pensiamo al teorico dell’uguaglianza economica e sociale e al promotore d’una democrazia radicale. Pensiamo meno, invece, al ruolo che, in tale contesto, avevano per lui l’educazione e l’istruzione. Un ruolo centrale, perché, senza, ogni vera democrazia sarebbe impossibile dato che i cittadini non avrebbero gli strumenti adeguati per una consapevole partecipazione e gestione della cosa pubblica.Se apriamo il volume dei Pensieri politici, che Russo ha pubblicato a Roma nel 1798, un anno solo prima della morte, vi troviamo un intero capitolo, il XXX, dedicato all’Istruzione. Che inizia così, in modo chiaro e lapidario: “Fu già sentenza di alto sapere che l’ignoranza sia la sorgente dell’infelicità…”. L’infelicità, osserva dunque Russo riecheggiando Socrate, è frutto dell’ignoranza. Se questo vale per il singolo uomo, è altrettanto vero per i popoli travolti dalla corruzione e dal disordine di uno sviluppo sociale che è andato contro natura (e qui possiamo risentire Rousseau). Allora, scrive ancora Russo: “Un popolo che in mezzo allo scompiglio delle facoltà umane si trovi in quella fittizia ignoranza, non può risorgere alla libertà se non per via di un’istruzione opportuna e ben guidata, e di quelle altre istituzioni, le quali debbono accompagnare l’istruzione, perché si abbia da questa una soda e sufficiente utilità”. Solo con l’istruzione il popolo potrà ridiventare difensore “geloso” e “tremendo” della libertà. Il rapporto tra l’istruzione e le altre istituzioni cosa è se non già l’abbozzo di un “sistema formativo integrato” quale i pedagogisti oggi sostengono a gran voce nel nome di quella che viene chiamata “società educante”? E, nel momento in cui si collega l’istruzione alla libertà e, subito dopo, alla democrazia, abbiamo, in nuce, concezioni che possiamo trovare da un lato, in ambito liberale, in opere come Democrazia ed educazione del filosofo americano John Dewey, padre della pedagogia di tutto il Novecento, o dall’altro, in ambiti politici che sviluppano le posizioni russiane, nel pensiero di Antonio Gramsci. Russo ha chiaramente dichiarato anche che: “Non vi sarà mai eguaglianza di capacità politica fra gli uomini se non si renda generale l’istruzione. Altrimenti il picciol numero della gente illuminata sarà il magistrato per natura del resto della nazione. Noi lo vediamo al presente, e se non si rende generale l’istruzione, si vedrà sempre”.Ma tornando al pensiero del proprio tempo, Russo non trova ancora una linea certa che indichi cosa fare nel campo educativo. Al che egli propone che una “savia adunanza” (non molto tempo fa proprio una cosiddetta “commissione di saggi”, per l’appunto, ha lavorato da noi a un tale compito) ritrovasse le verità fondamentali in libri di carattere morale e politico, per reimpastarle con “semplicità” e “filosofia” in un una nuova lingua adeguata alle necessità del sapere e degli uomini. Dal naufragio di tanti orpelli culturali, in una sorta di azzeramento, Russo spera che emerga così ciò che serve alle genti nuove. Se da un lato può lasciarci perplesso quanto qui sa di messa al bando o addirittura di autodafé, cioè di distruzione di una certa cultura, dall’altro si capisce cosa intende Russo: che il sapere del passato, e i grandi sapienti che pur ci sono stati, non rendano timidi i suoi contemporanei, impedendo il sorgere di altri Grandi anche maggiori. La grandezza del passato – dice Russo con toni che sembrano qui anticipare Nietzsche – nuoce alla sublimità possibile del proprio personale ingegno. Ad ogni modo, il lavoro di questi sapienti deve individuare le linee portanti di un’istruzione che deve essere generale e garantita dallo Stato, così come deve essere uniforme il tipo di istruzione che viene fornito alla collettività.
Enzo Rega
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Pubblicato sul periodico dell'area vesuviano-nolana "Il Pappagallo"
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